Tecniche di persuasione: i 10 bias cognitivi di vendita (molto potenti) che devi conoscere

In questo articolo ti voglio parlare di una cosa che reputo molto importante.

Spesso nei miei video, corsi o speech, dico che il marketing non è altro che psicologia applicata.

Ti spiego subito cosa intendo.

Nel corso della mia carriera ho imparato che sì, è importante conoscere e saper applicare tutti i tecnicismi del digital marketing (advertising, copywriting, content creation ecc.)… 

Ma sai qual è la competenza più importante che non devi mai tralasciare?

La relazione con le persone che ti seguono.

L’atto di vendita, di costruzione di un audience, di un brand… sono tutte cose strettamente connesse al processo di relazione con le persone che ci seguono.

E come si instaura una buona relazione con il nostro pubblico? 

Imparando ad anticipare, interpretare e conoscere ciò che sta dentro alla loro testa.

E come si impara a fare questo? 

Conoscendo, studiando e applicando le migliori (e più forti) tecniche di persuasione.

Ed è proprio di questo che voglio parlarti: di alcuni “trucchi” psicologici, che potremmo definire bias cognitivi di vendita, che negli anni ho imparato a riconoscere e che ti garantisco sono incredibilmente potenti.

Ma prima, se ancora non mi conosci, mi presento: mi chiamo Dario Vignali.

Sono un imprenditore e fondatore di aziende digitali come Marketers, Yoga Academy, Onlab e molte altre.

Oltre a questo sono anche un formatore e grazie ai miei corsi e alle mie competenze aiuto, insieme ai miei soci, celebrity e grandi imprenditori a crescere sul web sia in termini di visibilità che in termini economici.

Ora, prima di iniziare, ti voglio fare una domanda: ti fidi del tuo cervello?

È una domanda piuttosto introspettiva, ma pensaci un attimo e poi scrivi su un foglio a parte o sulle note del tuo smartphone la risposta.

Ti rifarò la stessa domanda alla fine di questo articolo.

Sarà divertente, vedrai.

Adesso, se sei pronto, seguimi in questo viaggio all’interno dell’incredibile mondo della psicologia di vendita.

Partiamo!

Tecniche di persuasione e bias cognitivi: nessuno ne è immune

Errori.

Questo sono i bias cognitivi.

Errori di giudizio, trappole mentali.

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Il nostro cervello, quello del nostro pubblico o dei nostri clienti, commette questo genere di errori perché è predisposto biologicamente a farlo.

Lascia che ti spieghi meglio: al nostro cervello non piace affaticarsi e quindi ricerca (e trova) continuamente delle scorciatoie.

Per nostra natura, abbiamo dei comportamenti che inconsciamente agiscono all’interno del nostro cervello e ci portano a prendere determinate decisioni in un determinato modo.

Possiamo evitare che accada? 

No.

Quello che possiamo fare, però, è riconoscerli e gestirli.

Oppure usarli, in maniera etica, per raggiungere i nostri obiettivi di vendita.

Si dice che la vendita sia più un processo irrazionale che razionale, perché è dominata molto spesso proprio da questi bias cognitivi, da queste tecniche di persuasione.

Un’emozione, una spinta irrazionale, un desiderio: tutto questo ci porta la maggior parte delle volte ad acquistare un prodotto, ad accettare una visione politica o del mondo, o molto più semplicemente a fare qualcosa.

Io per esempio sono veramente una vittima del marketing e di queste strategie di persuasione!

Ma come dico sempre: “per essere bravi uomini (o donne) di marketing, bisogna essere anche vittime del marketing”.

Questo perché?

Per capire tutti quelli che sono i processi psicologici che ci portano da una fase di scoperta del prodotto alla fase del “lo voglio assolutamente!”.

I 10 bias cognitivi (più potenti) che ho sperimentato sulla mia pelle

Ad oggi, ho individuato 10 bias cognitivi che secondo me sono i più importanti.

Sono quelli con cui potrete convincere i vostri amici ad andare in vacanza in uno specifico posto, o se siete dei politici potrete riuscire a farvi votare o ancora, se siete degli uomini di marketing li potrete utilizzare per vendere il vostro prodotto (o quello di qualcun altro).

Partiamo subito con il primo bias, secondo me uno dei più importanti in assoluto nel marketing.

Trial Transformation: mettiti alla prova

Che significa?

Sostanzialmente vuol dire che il desiderio delle persone verso qualcosa cresce in proporzione a quanto noi lo facciamo avvicinare a questa cosa.

Detto in parole più semplici, si tratta di dare qualcosa di gratuito alle persone.

Dagli qualcosa che le avvicini effettivamente a quello che è il loro desiderio.

Dagli qualcosa che gli faccia tastare con mano il risultato che stanno cercando e che vogliono ottenere.

Questa è una delle tecniche di persuasione più forti secondo me.

Nel mondo del marketing lo utilizziamo molto spesso.

È il concetto che sta alla base del valore.

Tu, io, diamo valore gratuito ma lo diamo con una logica.

Lo diamo sapendo quali sono i problemi che le persone hanno, sapendo qual è l’obiettivo che possono raggiungere con ciò che abbiamo da offrire.

Lascia che ti racconti un esempio pratico dell’utilizzo di questo bias cognitivo, che ha riguardato proprio me come “vittima”.

Conosci Wim Hof? 

Se non lo conosci, si tratta di una specie di “super uomo” che ha inventato un metodo grazie al quale attraverso l’esposizione al freddo e alle tecniche di respirazione, si possono raggiungere risultati incredibili.

Sono sempre stato affascinato da questo genere di cose, quindi una sera ho deciso di guardare un documentario su questo uomo.

Ero insieme a Botto.

A un certo punto siamo finiti sul suo sito web.

Lui, che sul suo sito ha un corso in vendita, prima di farti acquistare ti lascia vedere tre lezioni completamente gratuite.

Ecco io mi ricordo che quel giorno che abbiamo guardato la prima lezione, un esercizio sul respiro dove praticamente ci faceva prima fare delle flessioni e poi ci ha fatto fare una certa tipologia di respiri, dopo ci siamo accorti che riuscivamo a fare molte più flessioni.

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Quindi, effettivamente, eravamo diventati più forti.

Seguita questa lezione e poi le altre due, abbiamo visto i risultati che potevamo ottenere e abbiamo ovviamente acquistato il corso.

Ma ci sono altri mille esempi che potrei farti, come le versioni demo di qualsiasi cosa: un’applicazione, un software, un videogame.

O ancora una serata di inaugurazione di un ristorante, un campioncino gratuito di un prodotto, un test gratuito ecc.

Morale della favola: dai qualcosa che faccia assaggiare la trasformazione, che faccia avvicinare le persone alla trasformazione che desiderano.

Proseguiamo ora con il secondo bias cognitivo.

Self Confidence: nutri i tuoi clienti

L’autostima, ovvero il modo in cui le persone credono in loro stesse, è uno strumento micidiale per fare marketing.

Nell’esatto momento in cui noi facciamo in modo che la singola persona si senta più vicina al suo risultato, perché in qualche modo abbiamo comunicato cose che vanno a risolvere i suoi dubbi o le sue incertezze, avremo aumentato la sua autostima.

E questo si traduce in maggior fiducia anche nel nostro prodotto o nel nostro brand.

Ti faccio subito un esempio molto semplice: vedo una persona, magari un personal trainer, che è estremamente in forma e mi viene subito da dire “caspita! anch’io vorrei un corpo del genere, ma sarà impossibile per me che sono in sovrappeso”.

Ma se quella stessa persona inizia a comunicare in maniera funzionale al mio scopo e al mio desiderio, il mio pensiero cambierà in breve tempo.

Come?

Magari mi fa vedere le classiche foto prima/dopo, in cui prima anche questa persona era in sovrappeso.

E poi mi fa vedere che in soli tre anni ha raggiunto l’obiettivo di avere un fisico perfetto.

Questo tipo di comunicazione, sai cosa fa?

Va ad elevare la mia self confidence.

Arriverei sicuramente a pensare: “cavolo ma allora ce la posso fare anche io, posso ottenere quel risultato!”.

Far aumentare l’autostima nelle persone significa farle arrivare, prima di tutto mentalmente, alla trasformazione che vogliono raggiungere.

La vendita e di conseguenza l’acquisto sono atti di pura individualità, sono parte di un processo di trasformazione che le persone vogliono ottenere.

Lo si vede nei casi più eclatanti come quello di cui ti ho appena parlato, ma in realtà lo puoi vedere anche in casi molto più piccoli e meno palesi.

Pensa a quando vuoi acquistare una nuova maglietta che va di moda o un qualunque capo di abbigliamento.

Perché lo fai?

Perché stai cercando di ottenere una trasformazione personale.

Ma anche una trasformazione sociale.

Sì perché quando facciamo un acquisto possiamo tranquillamente dire che acquistiamo un’identità.

Acquistiamo ciò che vorremmo trasmettere alle altre persone di noi.

Siamo animali sociali e la maggior parte delle cose che facciamo hanno l’obiettivo di migliorare la nostra posizione all’interno della società.

E questo lo vedremo anche più avanti.

Quindi, ricordati che quando vendi un prodotto o un servizio, molto spesso starai vendendo ad altri una rinnovata self confidence.

Passiamo al terzo bias cognitivo.

La novità: offri sempre qualcosa che non c’era prima

Il concetto di novità è una delle tecniche di persuasioni più potenti.

Ci sono poche cose che alle persone piacciono tanto quanto una novità.

Tutto quello che è nuovo, è affascinante per il nostro cervello.

C’è poco da fare e poco da dire.

In questo caso, per esempio, non posso non menzionare Apple.

Ogni anno esce il nuovo modello di iPhone e solitamente cambia poco magari rispetto a quello precedente… ma tutti noi (sì, anche io) lo vogliamo.

Lo vogliamo ancora prima di sapere come sarà, lo vogliamo perché è nuovo.

La novità ci sembra qualcosa che non conosciamo, ci sembra sempre qualcosa di migliore rispetto a una versione precedente.

Il bias della novità è così potente perché riesce in qualche modo ad attivare la parte più primitiva del nostro cervello, noi semplicemente ci attiviamo quando sentiamo la parola novità.

Siamo biologicamente predisposti a ricercare il nuovo.

Quando c’è qualcosa che non conosciamo, a livello mentale si attiva quello che viene definito il “cervello rettile”, ovvero la “parte” più antica del cervello umano che gestisce le funzioni istintive di sopravvivenza.

Il fattore novità, in effetti se ci pensi, ha a che fare in realtà anche con la nostra sopravvivenza.

A che fare con l’ignoto.

Semplicemente vogliamo sapere, vogliamo scoprire, vogliamo conoscere.

E in realtà questo possiamo collegarlo direttamente anche al prossimo bias, il quarto.

Il mistero: fai esplorare l’inesplorato

Il mistero in questo caso è un framework, una modalità con cui percepiamo alcune cose.

Da sempre, il mistero ci attrae.

Basti pensare ai numeri di ascolti e di view che fanno i vari programmi tv o podcast che trattano proprio questo argomento.

Funziona perché tutti noi siamo curiosi dell’inesplorato.

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Non si tratta solamente di novità in questo caso, ma quanto più di scoprire qualcosa che agli altri non è permesso scoprire.

Si tratta di scoprire, conoscere, qualcosa che è riservato a pochi.

Qualcosa di esclusivo.

Ricerchiamo quel potere che ci dà il poter mostrare agli altri che conosciamo cose che loro non conoscono.

E questo è anche un vantaggio competitivo.

Anche se oggi è oggetto di grande abuso, nel senso che è pieno di formatori, venditori, esperti ecc. che abusano di questa parola.

Con questa strategia segreta riuscirai a triplicare il tuo fatturato

Questa è una dieta misteriosa che riserviamo solo a pochi e ti permetterà di ottenere risultati mai visti!”

Queste persone, queste aziende, non fanno altro che prendere delle informazioni e le etichettano con il nome di “mistero”, quando poi in realtà ti vendono qualcosa che è uguale a tante altre.

Invece, ci sono mercati che sono effettivamente misteriosi, cioè che sono accessibili a pochi ma che sono comunque comprensibili.

Un po’ come quando io e Botto abbiamo scoperto il mondo dell’affiliate marketing.

Lo abbiamo scoperto su un forum davvero misterioso, in un momento in cui nessuno in Italia conosceva questa nicchia del marketing, quindi era anche un argomento misterioso per noi.

In questo caso si era creato qualcosa di un po’ più sottile, quasi un ecosistema di mistero.

Misterioso, sì, ma comprensibile.

E ora arriviamo al quinto bias cognitivo.

Le occasioni: alimenta il desiderio (nascosto)

Non farò tanti giri di parole per questo bias: a noi tutti piace pensare, quando acquistiamo, di essere davanti a un’occasione.

Come non citare uno dei casi che più è impregnato da questo bias: il black friday.

Il giorno delle occasioni per eccellenza.

Il giorno in cui finalmente possiamo comprare tutto quello che abbiamo desiderato, o magari anche no, però c’è un’occasione e quindi improvvisamente vogliamo quella cosa!

Il bias dell’occasione fa leva su due tecniche di persuasione molto sottili, ma estremamente potenti: la scarcity e l’urgency.

L’urgency è, come si intuisce, l’urgenza di acquistare qualcosa in quel momento.

Il nostro cervello ci comunica che se non compriamo in quell’istante, perderemo appunto un’occasione.

La scarcity invece è letteralmente la scarsità di un prodotto, quindi qualcosa che è poco disponibile.

Attiva quella che si chiama “avversione alla perdita”.

La perdita è qualcosa che ci spaventa, abbiamo una paura intrinseca di non riuscire ad approfittare di quello che vediamo in occasione.

Abbiamo più paura di perdere qualcosa, rispetto al beneficio che ne otterremo.

Il modo migliore per amare qualcosa o qualcuno è pensare al fatto che si potrebbe perderlo” – G.K. Chesterton

Ecco ora il sesto bias cognitivo, estremamente potente.

La paura: scatena l’emozione primaria dell’uomo per eccellenza

La maggior parte delle decisioni che prendiamo nel corso della nostra vita sono guidate dalla paura.

Paura di perdere qualcosa, ma anche paura di rimanere ciò che siamo.

Molto spesso aspettiamo di arrivare a uno stato in cui abbiamo paura prima di agire, cioè aspettiamo quel momento in cui ci rendiamo conto che siamo al limite massimo.

La paura è ciò che ci fa muovere.

Da qui, nasce il cosiddetto “Marketing della Paura” e viene usato più spesso di quanto tu possa immaginare.

Viene utilizzato, per esempio, dai politici quando sentiamo dire cose come “Siamo vicini alla fine, siamo davanti a un baratro economico”.

E cosa scatena questo?

Inizia a far insorgere un senso di paura nella popolazione che porta di conseguenza alla scelta di votare una persona piuttosto che un’altra.

Oppure se ci pensate ritroviamo questa strategia di persuasione anche nei vari prodotti per l’igiene, per il fitness… prodotti che fanno inconsciamente leva su delle paura tipicamente umane.

La paura di non piacere, la paura di non essere accettati per il proprio corpo, la paura di essere giudicati.

Piccolo disclaimer: non sono qui a giudicare se sia giusto o sbagliato far leva su alcuni tipi di paure, ogni azienda, imprenditore o freelance valuterà in base alla propria etica.

Dalla paura, passiamo al settimo bias.

Il guadagno: quello che non abbiamo il coraggio di ammettere

L’opportunità personale è un’altra cosa che a tutti noi piace.

Siamo persone fondamentalmente egoiste, anche se facciamo fatica ad ammetterlo.

E infatti una delle altre leve che ci muove come persone è il guadagno personale, l’idea di ottenere qualcosa da quello che compreremo.

L’idea di ottenere qualcosa per noi stessi e non necessariamente per gli altri.

Il guadagno, i soldi.

È uno di quegli stimoli umani molto molto forti.

Motivo per cui quando percepiamo che dietro alla vendita di un prodotto potrebbe esserci un guadagno per noi, economico ma anche sociale, alla fine diventiamo molto più propensi ad acquistare.

Questa è una strategia di persuasione che viene usata moltissimo soprattutto nel mondo del marketing, nel nostro mondo.

Pensa a quante volte viene presentata la possibilità di guadagnare, di diventare famosi online, di diventare milionari in poco tempo!

Ognuno di noi è affascinato dalla possibilità di guadagnare qualcosa, in qualunque sfumatura lo intendiamo.

Eccoci quasi alla fine, analizziamo insieme l’ottavo bias cognitivo.

I dati di terze parti: se non hai autorità, non hai credibilità

Che cosa sono i dati di terze parti?

Sono dati che creano credibilità e reputazione nei confronti del nostro sistema di credenze.

Sono in qualche modo dei dati che vanno ad avvalorare il nostro marketing, la nostra visione.

All’interno di Copymastery, il mio corso di copywriting strategico, parlo del sistema di credenze e di quanto sia importante che un brand ne abbia uno per poter poi veicolare tutta quella che sarà la comunicazione.

Queste credenze fanno sì che si crei un insieme di intersezioni tra i valori, i desideri e gli interessi della persona che vuole acquistare e tra quelli delle aziende.

Dentro a questo insieme c’è ciò che fa smuovere le persone, che si ritroveranno a dire e pensare: “caspita, voglio il prodotto di questa azienda/persona!

Per ricercare e avere questa credibilità, tralasciando i media più grossi che non sono sempre alla portata di chiunque, anche le testimonianze in qualche modo possono aiutarti.

Se per esempio vai all’interno di questo sito puoi vedere le testimonianze di determinati brand, determinati personaggi.

E questi sono dati di terze parti che vanno a consolidare la mia autorità sul mercato.

L’autorità è un altro importante bias, si chiama appunto Authority Bias e non è altro che il nostro inconscio rispetto nei confronti di figure autorevoli.

Tendenzialmente, siamo più inclini a propendere verso una fazione piuttosto che un’altra, verso una persona piuttosto che un’altra, perché percepiamo una maggiore autorevolezza.

Arriviamo adesso al nono e penultimo bias.

Lo status: dai un’identità al tuo pubblico

Hai notato che poi, alla fine, tutte queste tecniche di persuasione sono in qualche modo collegate alla base dallo stesso fine?

Sai quale? La posizione sociale.

Molte cose le compriamo perché sentiamo e abbiamo la convinzione che avere quella determinata cosa ci conferirà un particolare stato.

Lo status per noi è un valore al pari di quello che può essere il denaro.

Insomma è una cosa sulla quale vogliamo in qualche modo avere il controllo.

Lascia che ti faccia però una piccola ma importante specifica: avere uno status non significa solo essere potenti o avere i soldi, ma è più che altro ricoprire un’identità all’interno del contesto dentro al quale viviamo.

Infatti a seconda dell’ecosistema all’interno del quale un’azienda,o qualcuno, agisce per vendere qualcosa… è importante capire quali sono gli elementi che vanno a conferire status a chi acquisterà.

Nel mondo del fitness probabilmente sarà un bel fisico, ad esempio.

L’importante è agire con la consapevolezza che in ogni mercato ci sono determinati elementi che conferiscono status a chi ne fa parte.

Potremmo tranquillamente dire che il contesto sociale è molto importante, che il contesto sociale è davvero tutto.

Noi, come esseri umani, ci rapportiamo e identifichiamo costantemente per contrasto rispetto alla società in cui viviamo.

Ed eccoci infine all’ultimo bias cognitivo.

L’inclusione: costruisci la tua tribù

Tutti quanti si sentono soli.

Per natura siamo portati a sentirci soli.

Il fatto è che abbiamo dannatamente bisogno di appartenere e siamo biologicamente predisposti a provare questo desiderio di appartenenza.

Già nei tempi più primitivi l’uomo sentiva il bisogno di appartenere a qualcosa: una tribù, un’organizzazione, un gruppo umano.

Perché?

Per poter sopravvivere.

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La nostra reputazione all’interno di un agglomerato sociale è estremamente importante e la reputazione ha a che fare con la nostra capacità di essere rilevanti per un gruppo sociale.

E oggi è così più che mai.

Internet oggi ha dato la possibilità alle persone di trovare i loro simili, con cui condividere interessi specifici.

Pensaci un attimo.

Basta andare su facebook e trovare delle community dove conoscere altre persone, parlare e condividere i nostri valori, ideali e interessi.

Questo è pazzesco.

Ti faccio una domanda a questo proposito.

Cosa distingue alcuni dei più grandi brand al mondo rispetto a tante altre aziende che magari vendono gli stessi prodotti.

Mi riferisco a brand come Apple, Nike o Coca Cola.

Sono dei veri e propri punti di aggregazione.

Le persone non vedono un semplice brand o un semplice prodotto, ma un’idea, dei momenti e delle esperienze.

E di questo si tratta, alla fine.

Tutte queste tecniche di persuasione di cui ti ho parlato nient’altro sono che modi di portare le persone a vivere delle esperienze.

A vivere delle emozioni.

Perché di questo abbiamo bisogno.

Un’esempio che ho riportato anche all’interno di Copymastery è quello di un’azienda che vende punte per i trapani.

Delle punte fortissime, costruite in un materiale indistruttibile e che eseguono dei buchi perfetti.

Ma le persone non vogliono sentire questo.

Non vendere la punta del trapano, vendi la foto di famiglia, il ricordo, che attaccheranno al muro grazie a quella punta.

Concludo con la domanda con cui ho iniziato a scrivere questo articolo.

Adesso che conosci questi bias, che sono solo alcuni dei più potenti…

“Ti fidi del tuo cervello?”

Rispondimi nei commenti qui sotto e parliamone!

Un abbraccio,

Dario

PS. Le iscrizioni al mio corso sul copywriting strategico, Copymastery, sono chiuse al momento ma puoi iscriverti alla lista di attesa se vuoi essere tra i primi a sapere quando sarà di nuovo disponibile.

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Dario Vignali

Ciao sono Dario! Ho fondato Marketers e altre aziende digitali mentre viaggiavo per il mondo.

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